Il post che volevo scrivere da due settimane


L'11 marzo scorso in Giappone si è verificato un terremoto terribile, seguito da uno Tsunami devastante.
Questo lo sapete tutti.
In seguito al sisma più di una centrale nucleare ha riportato danni importanti.
Sicuramente sapete anche questo.

Non avevo ancora trattato la recente catastrofe perché, dal punto di vista dell'informazione, non avevo niente di originale o esclusivo da offrirvi e, dal punto di vista umano, ero in silenziosa e scaramantica attesa di una buona notizia da condividere.

Una calamità di tale portata è difficile da immaginare, il numero di morti e dispersi può sopraffare. E così, credo che faccia parte della natura umana distogliere lo sguardo dal disastro nella sua interezza e concentrarsi sul particolare.
Con la testa ed il cuore si può cercare di essere vicini ad un popolo, ma è sempre una vicinanza artefatta e quasi irreale. Loro poi sono così lontani. Noi siamo qua e loro là, dall'altra parte del mondo.
Istintivamente il pensiero si allontana dal popolo nipponico nella sua globalità, fatta di volti sfocati e stranieri, e si focalizza su visi e luoghi a noi familiari. Nelle ultime due settimane cittadini di tutto il mondo hanno cercato di rintracciare amici e parenti che si trovavano nel paese dei ciliegi. Hanno chiesto notizie e rassicurazioni.

Io, ad esempio, mi sono immediatamente attivata per contattare lui: Fumiki. Il mio compagno di Erasmus. L'uomo che confezionò per me meravigliosi origami che ancora conservo gelosamente. Il pazzo che a colazione mangiava carbonara fredda. Il samurai che si sobbarcò il mio trasloco senza bisogno che glielo chiedessi e senza possibilità alcuna che potessi rifiutare il suo aiuto.

Anche se non avevo sue notizie da anni, l' ho cercato prima sul vecchio indirizzo e poi ho setacciato la rete in cerca di un suo nuovo recapito.
Ho spedito due email ed ho atteso.
Non lo sentivo da tantissimo tempo, non lo vedevo da un'eternità, ma volevo saperlo al sicuro con le sue stramberie ed il suo sorriso timido, con la sua austerità e le sue camice improbabili, con i suoi capelli neri come l'inchiostro ed il suo cappottone color cammello.

I giorni passavano e l'ansia cresceva.
Magari non legge spesso la sua posta, mi dicevo.
Ma sta bene, deve stare bene per forza, cercavo di autoconvincermi.
Ho aspettato pazientemente.
Ho pregato anche se non credo più da tempo, ma si sa che in certi momenti uno spera di essersi sbagliato e che lassù ci sia davvero qualcuno in ascolto.
Ho ricordato i nostri discorsi su Buddha e cristianesimo, Italia e Giappone, storia e attualità. Ho pensato a quanto eravamo giovani e pieni di progetti per il futuro. E mi sono un po' commossa.
Ho continuato ad aspettare e sperare.
Anche se non dovesse rispondermi non significa mica niente, mi ripetevo, possono esserci mille buone ragioni.

Stasera, dopo quasi due settimane è arrivata finalmente l'email che tanto attendevo.
Ed ora sono felice come una bambina a Natale.

Forse il Giappone non è dall'altra parte del mondo, forse le distanze non contano, forse non importa neanche per quanto tempo non si rimanga in contatto. Molte persone entrano nella nostra vita e sono destinate a rimanerci per sempre. Molte persone distanti appartengono comunque alla stessa enorme comunità.
Fumiki non lo sa, ma anche lui fa parte della storia della famiglia Cole, altrimenti non si spiegherebbe perché Mamma, Papà, sorellaCole e Ciccio stasera abbiano gioito per lui e perché io ora stia condividendo questa bella notizia con tutti voi.

Poche righe dedicate al mio amico ritrovato ed alla sua famiglia, felice di saperli al sicuro.
Poche righe dedicate ad un popolo ed una terra che stanno là, dall'altra parte del mondo, dove sorge il sole ed inizia il giorno.

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